

UV-BOX
Applicazioni dell’armadio per il controllo della contaminazione UV-BOX si sono rivelate risposta efficace per trattare le mascherine e tutto il materiale medicale sottoposto ad utilizzo massiccio durante l’emergenza Covid-19. Per esempio nel caso di un’ambulanza vista la necessità di trasportare pazienti ed il poco tempo a disposizione tra una chiamata e l’altra, si può trattare con il nostro sistema UV il materiale potenzialmente contaminato.
Raggi UV – C efficaci contro i corona virus (SARS – MERS)
I raggi UV sono una tecnologia consolidata e affidabile, è necessario però un solido know-how per un utilizzo efficace e sicuro. Gli UV-C utilizzano la luce ultravioletta per inattivare i microrganismi, principalmente attraverso la reticolazione dei nucleotidi di timidina nel DNA e dei nucleotidi uracile nell’RNA, che bloccano la replicazione.
I sistemi UVGI sono relativamente veloci e facili da usare, non lasciano residui chimici e non rischiano di esporre i lavoratori a sostanze nocive. In laboratorio gli UV-C sono stati utilizzati con successo per decontaminare i respiratori N95 esposti al batteriofago MS2 e al virus dell’influenza. È comprovata l’efficacia dei raggi ultravioletti nella disinfezione di aria e superfici da microrganismi molto più complessi e difficili da trattare rispetto allo stesso Covid-19, come C. Difficile, MRSA, o minacce ancora più temibili, come Ebola e Legionella. Si stima che il virus SARS-CoV-2 possa sopravvivere sulle superfici per un massimo di nove giorni, in base alla sua somiglianza a SARS e MERS. I disinfettanti standard sono efficaci contro la SARS-CoV-2, ma per avere ulteriore protezione e difendersi da errori nel processo di disinfezione manuale, la luce ultravioletta può essere usata per disinfettare le superfici e le attrezzature in seguito alla disinfezione chimica manuale.
Igienizzare le mascherine con i raggi UV-C
I raggi UV-C sono stati testati con successo nei laboratori come un metodo per decontaminare le maschere N95 esposte al batteriofago MS2 e al virus dell’influenza.
Un modo per soddisfare la necessità di mascherine durante una pandemia sarebbe quello di riutilizzarle, poiché anche un numero ridotto di riutilizzi amplierebbe notevolmente il parco disponibile di respiratori monouso. Durante la pandemia di H1N1 del 2009, il CDC ha raccomandato alle strutture sanitarie di prendere in considerazione la possibilità di estendere l’uso e il riutilizzo dei respiratori N95 in casi di estrema necessità. Comprare mascherine in quantitativi massici rappresenta infatti un costo significativo, oltre alle difficoltà legate a processi di produzione e distribuzione. Tuttavia, una preoccupazione significativa per il riutilizzo è la possibilità che le superfici esterne del respiratore si contaminino con materiale infettivo e portino alla trasmissione di malattie. Per evitare questo rischio, le mascherine dovrebbero essere decontaminate dopo ogni utilizzo.
Decontaminazione delle mascherine: opportunità e rischi
Alcuni studi hanno preso in esame gli effetti degli UVGI sull’aspetto del respiratore, sulla vestibilità, sulla resistenza del flusso d’aria e sull’efficienza di filtrazione dopo uno o tre cicli di decontaminazione e non hanno trovato effetti significativi. Tuttavia, gli effetti di un’esposizione prolungata agli UVGI dopo più cicli di decontaminazione non sono noti e non è chiaro quanto una dose cumulativa di respiratori UVGI possa resistere, quali danni si verifichino alla fine o quante volte le mascherine monouso possano essere potenzialmente decontaminate e riutilizzate.
Questo suggerisce che il limite superiore per l’esposizione agli UVGI durante i ripetuti cicli di disinfezione dovrebbe essere fissato dalla degradazione fisica del materiale del respiratore e non da una perdita di capacità di filtrazione.
Per alcuni modelli di respiratori, questo potrebbe potenzialmente servire come un utile avvertimento: se il materiale del respiratore è notevolmente degradato dopo la disinfezione UVGI, il respiratore deve essere ovviamente scartato.
Consigliabile: per un’azione ancora più efficace sottoporre la mascherina a un riscaldamento a secco intorno ai 60°C per inattivare il più possibile i potenziali nuclei di infettivi intrappolati all’interno della trama dei filtri. Ovviamente sarebbe auspicabile avere sufficiente tempo e possibilità per poter progettare velocemente mascherine N95 specificamente per gli operatori sanitari che possano essere disinfettate anche 50 volte con cicli UV-C, tuttavia la situazione attuale è troppo urgente e necessita di risposte immediate.